Federico Moccia
L'UOMO CHE NON VOLEVA AMARE
Prima edizione: febbraio 2011
Federico Moccia aderisce alla campagna “Scrittori per le foreste” lancia-ta da Greenpeace, e nessuna foresta è stata distrutta per produrre questo libro.
Questo libro è stampato su carta certificata FSC, che unisce fibre riciclate post-consumo a fibre vergini.
Questo libro è frutto esclusivo dell’immaginazione dell’Autore.
Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio.
Al mio piccolo principe Alessandro Giuseppe La bellezza è estasi; è semplice come il desiderio del cibo. Non si può dire altro sostanzialmente, è come il profumo di una rosa: lo puoi solo odorare.
William Somerset Maugham
Dura è la lotta contro il desiderio, che ciò che vuole lo compra a prezzo dell’anima.
Eraclito
La musica è una donna.
Richard Wagner
Le rondini volavano basse al tramonto. Ogni tanto passavano sotto il portico di quell’antica villa in pietra, dalle mura forti, spesse. All’interno una grande scala di legno scuro portava al piano superiore. Poco più sotto il giardino così curato faceva apparire la villa come dise-gnata tra quelle colline delle Langhe. Più distante, tra i filari delle vigne del nebbiolo, l’uva era scura, arrossata dal sole di tutta l’estate. Tancredi correva con il fratello Gianfilippo, urlavano e ridevano. Bruno, il giardiniere, finì di tagliare la siepe con delle grandi cesoie, sorrise vedendoli sfrecciare a pochi passi da lui e rientrò in ca-sa. Tutto intorno si sentiva l’odore di quel rosmarino appena potato.
Davanti al portico, al centro del grande tavolo in pietra tra i due salici piangenti, Maria, la cameriera, posò il pa-ne appena sfornato. Quel profumo per un attimo invase l’aria e Tancredi fermò la sua corsa, ne staccò un pezzo e se lo portò alla bocca.
«Tancredi, ti ho detto mille volte di non mangiare prima della cena! Se no poi non hai più appetito!»
Ma lui sorrise e fuggì di nuovo attraverso il giardino.
Il giovane golden retriever, che stava accucciato all’ombra sotto una sedia di ferro con sopra un cuscino, si alzò e lo seguì divertito in quella corsa. Si buttarono tra le spighe e un attimo dopo anche il fratello Gianfilippo si gettò al loro inseguimento.
La madre fece appena in tempo a uscire dalla casa.
«Dove andate? Tra poco si mangia!»
Poi scosse la testa e fece un sospiro. «I tuoi fratelli…»
Si rivolse a Claudine, che si era appena seduta a tavola.
La mamma rientrò in cucina. Su un tavolo di legno antico era stesa una sfoglia di pasta fresca appena fatta, poco più in là, su un bancone di marmo pieno di cassetti, c’era ancora della farina. Sul muro erano appese diverse padelle in rame. Alcune pentole stavano cuo-cendo a fuoco lento sui fornelli in ghisa.
La madre parlò con la cuoca e le diede alcune indicazioni sulla cena. Poi con le due cameriere e si raccomandò. Avrebbero avuto degli ospiti quella sera.
Fuori Claudine era seduta composta a tavola, guardava i suoi fratelli giocare. Erano ormai lontani. I latrati del cane arrivavano fin lì. Quanto avrebbe voluto essere anche lei con loro, a correre, a sporcarsi, ma mamma le aveva detto di non muoversi.